Supporto Psicologico Psicoterapico

I disturbi psicologici – di cosa mi occupo:

  • Disturbi d’ansia (attacchi di panico, fobie, ossessioni)
  • Disturbi dell’umore, depressione
  • Disturbo ossessivo – compulsivo
  • Disturbi di personalità
  • Disturbi del Comportamento Alimentare
  • Dipendenze
  • Difficoltà relazionali
  • Problematiche di coppia7sessualità
  • Problematiche di autostima
  • Tecniche di comunicazione efficace (assertività)
  • Sostegno alla genitorialità
  • Problemi dell’infanzia, dell’adolescenza e disagio giovanile
  • Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Secondo uno studio europeo (ESEMeD), una persona su 5 nel corso della sua vita ha sofferto   di   una   forma   di   disturbo psichico, un’alterazione   del   funzionamento   dei   processi cerebrali   con importanti ripercussioni a livello emotivo, affettivo e socio-relazionale. I disturbi psicologici maggiormente   diffusi,   nella   nostra   società   ed   in   questo   particolare   momento storico, riguardano   prevalentemente la dimensione ansioso-depressiva .   Nel   primo   caso (dimensione   ansiosa)   l’individuo   sperimenta  l’anticipazione   apprensiva   di un pericolo o di un evento futuro ritenuto pericoloso, mentre nel secondo (dimensione depressiva) è prevalente una pervasiva alterazione del tono dell’umore che induce a un ritiro progressivo, invalidante, dalle attività in cui il soggetto era prima impegnato  in modo significativo. In entrambi i casi, la sintomatologia che il soggetto sperimenta è altamente invalidante e arreca una notevole quantità di disagio. Nonostante   esistano   numerose   e   articolate   categorie   diagnostiche,   non   sempre   un comportamento   o   sintomatologia   può   essere   definito   come   patologico.  

Cosa significa disturbo:

Il “disturbo” è l’etichetta diagnostica che si pone. in base al DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), i criteri per definirlo  sarebbero   solo   ed esclusivamente l’elevata frequenza nel tempo, l’intensità eccessiva con cui si manifesta, a patto che la presenza di queste variabili intacchino i domini di funzionamento (ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della salute- OMS) e i domini di valore (famiglia, scuola/lavoro, interazioni sociali), ad esempio: non si riesce più ad andare a lavoro/ad uscire con gli amici, etc. Questa tipologia di comportamenti, pertanto, sarebbero  più  vicini  a una classe di comportamenti non funzionali , in tal senso descrivono meglio l’impatto che hanno sulla qualità della vita e sul benessere del soggetto. Possedere un repertorio di comportamenti non funzionali è cosa comune e frequente purtroppo, qualsiasi l’ età, l’estrazione sociale, razza o cultura. Vedi figura:

Come possiamo notare: L’area di confort è una dimensione   del   vivere  che   accomuna   tutti   gli   esseri   viventi,   evitare   il   pericolo   è   un atteggiamento alla base della lotta alla sopravvivenza, nel caso degli esseri umani essa ha però una valenza diversa perché agisce non solo sul processo di sopravvivenza ma anche, in modo indiretto, nel limitare la possibilità di vivere una vita ricca e significativa. Per delineare meglio questa dimensione, adottata   spesso   dalle   persone   nella   loro   quotidianità,   è   fondamentale  avere ben in mente il  concetto  di bisogno e apprendimento.  Ogni essere vivente sulla terra è guidato nel proprio agire da una serie di spinte al comportamento. Nonostante non sia possibile vederli o​ toccarli con mano,  i bisogni sono quanto di  più  potente  in natura sia in grado di  condizionare  i nostri atteggiamenti e comportamenti. Fu lo psicologo statunitense A. Maslow il primo a darne una   descrizione   che   permettesse   al   contempo   di   comprendere   in   che   modo   influenzano   il comportamento degli esseri viventi. La “ piramide dei bisogni ” di Maslow 1954 (vedi figura in basso) mostra in che modo i nostri   atteggiamenti,   e   le nostre   scelte,   risentano   notevolmente   delle   dinamiche   relative   a queste   spinte.   Il   soddisfacimento   dei   livelli   alla   base   (primari)   è   essenziale   perché   i   livelli superiori possano agire una qualche forma d’influenza.  

Rappresentazione grafica della piramide dei bisogni di Maslow
Piramide di Maslow (1954)

 Potrebbe capitare che, una persona, a seguito di un   forte   periodo   di   stress   e   di   una   forte   sintomatologia ansiosa, quale per esempio un attacco di panico, da quel momento   in   poi   scelga  di   vivere  esclusivamente nella   propria   area   di confort,   rinunciando   quindi   ad   ogni   altro   aspetto,   prima utile e significativo, ma che al momento non ha la priorità sul   bisogno   di   sicurezza   personale:   da   quel   momento   in poi potrebbe decidere di non recarsi più in luoghi affollati per paura di sperimentare nuovamente una crisi d’ansia e non   essere   al   sicuro   a   contatto   con   così   tanti estranei   ritenuti   non   idonei   a   gestire   il   suo problema   o   magari   potrebbe   pensare   che   quegli   stessi   estranei   potrebbero   ridere di   lui imbarazzandolo in modo insostenibile. A queste circostanze potrebbe preferire rimanere a casa protetto dalle 4  mura  e dalle rassicurazioni delle  figure   di  riferimento,  magari  accettando di uscire   ogni   tanto   solo   in   compagnia   della   fidanzata   o   del   marito   (area   di       confort).     Cosa vogliamo che importi a quella persona di trascorrere il tempo libero in modo piacevole, passerà tutto il tempo a controllare i suoi parametri vitali e sceglierà accuratamente quali circostanze e situazioni evitare per non incorrere in un rischio per la propria salute.

Convinzioni personalilinguaggio

Fondamentale il linguaggio utilizzato e le convinzioni personali che le persone che ho incontrato nel mio studio, inerenti alla natura e causa del loro disagio o disturbo: “Dottoressa: il mio problema è l’ansia che non mi lascia in pace… mi aiuti ”,   “.. mi aiuti a togliere i pensieri brutti dalla mia testa… ”. “…Nessuno mi vorrà più dopo di lei…”Pensieri, idee, immagini che le persone hanno rispetto alla propria esperienza, sia essa interna che   esterna, sono  ciò che sta all’origine della sintomatologia,   è   chiaro   che   ad   essere   problematica   non   è   tanto   la   presenza   di   una leggera o intensa tachicardia quanto piuttosto il significato che per me ha quella sensazione: “sto per morire, sto per avere un infarto”. E’ proprio quest’ultima considerazione a generare lo stato di allarme e la conseguente sintomatologia ansiosa.  

Le idee che la nostra mente   ci   suggerisce,   hanno alla base le Distorsioni Cognitive (generalizzazione, inferenza   arbitraria,   astrazione   selettiva,   catastrofizzazione,   etc..)   verso   le   circostanze   che viviamo quotidianamente sono come dei gettoni che attivano un’ampia gamma di emozioni che guidano, in alcune circostanze, gli atteggiamenti e i comportamenti individuali.

Secondo una visione più attuale della psicopatologia, appare centrale il ruolo del linguaggio e delle parole che la nostra mente ci propone per descrivere e gestire gli eventi esterni. Il processo di pensiero, al centro del quale vi   sono   appunto   tutti   gli   elementi   dell’esperienza   mentale (immagini,   sensazioni,   pensieri) rappresenta il cuore dell’esperienza terapeutica, è proprio sul rapporto tra persona e linguaggio che   si   gioca   la   parte   più   importante   dei   risultati   che   è   possibile   ottenere   nel   corso   di   un rapporto di terapia. Compito del terapeuta è quello di guidare la persona lungo un percorso attraverso cui apprendere abilità, strategie, atteggiamenti utili ad assumere nei confronti della propria   esperienza   interna   un   atteggiamento   distaccato,   non   giudicante   e   non   conflittuale. Quello che  accade dentro  di  noi,  sia esso una sensazione  o pensiero  o  emozione, ha ragion d’essere e pertanto non ha alcun potere di crearci un danno, a meno che non sia la persona stessa a modificare il valore di quella esperienza, complice il linguaggio umano, ed entrare cosi in un conflitto senza fine. Il dolore, e più in generale la sofferenza dovuta a tutti quegli eventi della   vita   che   sono   fuori   dal   nostro   controllo,   non   è   qualcosa   che   gli   esseri   umani   possono controllare a   proprio   piacimento.   Quando   proviamo   a   farlo,   evitando   emozioni   intense   o cercando di capirle e definire attraverso il linguaggio, contribuiamo a generare ulteriore disagio e sofferenza. Il dolore è un aspetto normale della vita, non lo è però la sofferenza, quest’ultima è il risultato, piuttosto, di come ci relazioniamo al dolore, combattendolo appunto. Una delle più comuni   ed   errate convinzioni   umane   riguarda   il fatto   che   si   debba sempre   essere   felici   e   che   il dolore   non   debba esistere. La vignetta che segue è   un’illustrazione molto     esaustiva     di     come crediamo       debba andare   la   vita   e   di   come   in realtà       essa       si svolge.

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